di Davide Baroni Scrittore
ARCHEOMITO – Nascosti nel deserto peruviano si celano i segreti di un’antica civiltà avvolta nel mistero: i Paracas, un popolo fiorito tra l’800 e il 100 a.C. La cultura Paracas ha suscitato un vivo interesse negli archeologi per via delle sue straordinarie capacità artigianali e della complessità delle sue pratiche funerarie. Tuttavia, ciò che ha davvero catturato l’attenzione di studiosi e appassionati è una caratteristica peculiare: i crani dolicocefali. Questi crani presentano una forma allungata che, secondo le teorie convenzionali, sarebbe il risultato di pratiche di deformazione cranica artificiale. Tuttavia, noi crediamo che una percentuale di essi abbia origine naturale, attribuibile alle caratteristiche genetiche di una specie estinta: l’Homo atlanticus.
Gli individui dolicocefali erano l’élite culturale e intellettualedella civiltà Paracas, la cui apparenza distintiva divenne un modello da emulare e, probabilmente, da questo nacque la pratica di deformazione artificiale. Questa teoria, anche se contestata dalla maggior parte degli studiosi tradizionali, apre nuove prospettive sulla comprensione di questa civiltà enigmatica.
La deformazione intenzionale del cranio è una pratica nota e documentata in numerose culture antiche, inclusi Maya, Incas e vari popoli delle isole del Pacifico. Attraverso l’uso di bende o assi di legno, la testa dei neonati veniva modellata fin dai primi giorni di vita, generando crani dolicocefali.
Molti crani Paracas presentano differenze significative rispetto ai crani dolicocefali artificialmente deformati, tra cui un volume cranico maggiore e strutture ossee differenti, come l’assenza di una sutura sagittale, che potrebbe suggerire un’origine genetica. Queste caratteristiche, che approfondiremo in successivi articoli,rendono difficile classificare i crani Paracas come frutto di pratiche culturali. Ciò porta a ipotizzare che alcuni individui Paracas potessero avere una dolicocefalia naturale. Tali personeavrebbero costituito una classe d’élite, che ispirò le pratiche di deformazione cranica in tutto il mondo antico.
Approfondiamo la cultura Paracas.
I Paracas vivevano nella regione costiera del Perù, nella penisola che porta il loro nome, non lontano dalle celebri linee di Nazca. Le scoperte archeologiche, in particolare i corredi funerari, suggeriscono che i membri dell’élite fossero sepolti con grande attenzione, avvolti in fardos, fasci composti con vari strati di stoffe, e spesso accompagnati da una serie di ornamenti e tessuti pregiati.
La scoperta di questa civiltà è recente e si deve a Julio Cesar Tello. Considerato il “padre dell’archeologia peruviana”, Tello è una figura centrale nello studio delle antiche civiltà del Perù. Nato nel 1880 nella regione di Huarochirí, ha dedicato la vita allo studio delle culture precolombiane, lasciando un’eredità indelebile nella comprensione delle origini del patrimonio culturale peruviano. Tello crebbe in una famiglia modesta, ma dimostrò sin da giovane un’intelligenza straordinaria e una passione per l’archeologia. La sua carriera accademica lo portò a viaggiare all’estero, dove ricevette una formazione di livello internazionale. Dopo aver completato gli studi in medicina a Lima, decise di approfondire i suoi interessi antropologici e si trasferì negli Stati Uniti.
Qui, all’Università di Harvard, si laureò in archeologia, diventando il primo peruviano a ottenere un tale titolo. Fu durante questo periodo che sviluppò una visione più ampia del suo lavoro: non solo come studioso della storia, ma anche come difensore del patrimonio culturale del suo Paese.
Negli anni ‘20, iniziò una serie di esplorazioni archeologiche nella penisola di Paracas, situata lungo la costa sud-occidentale del Perù. Quest’area presentava molti misteri e attrattive per gli studiosi, ma nessuno aveva ancora compreso l’importanza archeologica dei reperti che vi erano nascosti. Nel 1925, guidato da notizie sui preziosi tessuti scoperti da tombaroli nella zona, Tello si concentrò su un’area specifica conosciuta come Cerro Colorado. In questa regione, lui e il suo team iniziarono una serie di scavi che avrebbero portato alla scoperta della necropoli di Paracas, una delle più grandi e complesse mai trovate in Sud America.
Il 25 settembre 1927 segna una delle date più importanti nella carriera di Tello. Durante uno scavo sulle pendici del Cerro Colorado, scoprì un’antica necropoli contenente 429 fasci funerari, i fardos, ognuno dei quali avvolgeva i corpi mummificati dell’élite Paracas. I disegni e i colori di questi tessuti rivelavano un livello di maestria artistica senza precedenti nelle civiltà precolombiane.
La necropoli non era solo un luogo di sepoltura, ma anche un simbolo della stratificazione sociale della cultura Paracas. I morti, spesso avvolti in più strati di stoffa, erano trattati con grande cura, e molti di loro venivano deposti con oggetti preziosi come ceramiche, gioielli e armi, segni di un’élite potente che governava la società Paracas.
La scoperta di questa civiltà ha avuto un impatto enorme non solo sulla comprensione delle culture precolombiane, ma anche sulla visione complessiva della storia del Perù antico. Prima delle ricerche di Tello, questa civiltà era praticamente sconosciuta, poiché non era menzionata nelle cronache Inca e non si avevano testimonianze scritte su di essa.
Oltre alle scoperte sul campo, Julio Cesar Tello fu determinante nel proteggere e preservare il patrimonio culturale del Perù. Fondò il Museo Nazionale di Archeologia, Antropologia e Storia del Perù a Lima nel 1926, dove molti dei reperti da lui scoperti sono ancora conservati oggi. Grazie al suo lavoro, l’archeologia peruviana ha ottenuto un riconoscimento internazionale, e la sua eredità vive attraverso gli studi e le ricerche condotte sulle antiche civiltà del paese.
Tello morì nel 1947, ma le sue scoperte continuano a essere al centro di studi e dibattiti, soprattutto i crani dolicocefali che noi consideriamo tali per genetica, in quanto eredi di una specie estinta che aveva caratteristiche fisiche uniche e che influenzò profondamente le culture antiche. Una specie ancestrale sconosciuta e dimenticata che merita di essere riscoperta.
I risultati preliminari di test genetici condotti su alcuni crani Paracas indicano la presenza di DNA mitocondriale non conforme ai profili genetici noti delle popolazioni indigene americane. Sebbene questi risultati siano stati oggetto di controversie e siano necessarie ulteriori analisi, suggeriscono la possibilità che una parte della popolazione di Paracas avesse un’origine genetica distinta dagli americani andini.
Le implicazioni della nostra teoria, cioè l’esistenza di una specie dimenticata, sono significative. Se, infatti, gli eredi di questa specie riuscirono ad arrivare in Perù, potrebbero aver raggiunto molte altre parti del globo e, quindi, il loro aspetto potrebbe aver ispirato le modifiche craniche artificiali non solo in questa area, ma anche in altre culture del mondo antico. La tendenza a imitare individui percepiti come superiori, dotati di caratteristiche fisiche straordinarie, potrebbe essere stato uno dei fattori principali che spinse le civiltà antiche a praticare la deformazione cranica.
La conferma dell’esistenza di una specie geneticamente distinta con crani dolicocefali solleva questioni più ampie riguardo l’evoluzione umana. Questa scoperta potrebbe indicare che esistevano interazioni complesse tra diverse popolazioni preistoriche, e che alcune di esse potrebbero essere statedimenticate dalla storia ufficiale.
La civiltà Paracas, con i suoi crani dolicocefali, rimane un mistero che sfida le concezioni convenzionali dell’evoluzione umana per questo a breve uscirà un libro targato “Faccia finta che” che riguarderà questo argomento e che tratterà dell’esistenza di una specie dimenticata da tutti: l’Homo atlanticus.